Gli enti privati partecipano al circuito del Servizio Sanitario nazionale solo sulla base delle convenzioni sottoscritte con le unità sanitarie locali, con oneri a carico del Servizio Sanitario Nazionale nei limiti di quanto stabilito negli specifici accordi di cui all’art. 8 quinquies d.lgs. n. 502/1992 (vedi anche art. 1 comma 18 D.L. n. 112/08).
Ne consegue che la struttura privata accreditata non vanta un diritto ad essere remunerata per le prestazioni erogate oltre il budget alla stessa assegnato, il quale rappresenta un tetto di spesa invalicabile anche in presenza di prestazioni urgenti ed indifferibili.
Sul punto, è orientamento consolidato quello secondo cui, in tema di remunerazione delle prestazioni sanitarie fornite in regime di accreditamento, se, da un lato, grava sulla Asl la dimostrazione del fatto, non costitutivo del diritto dell’attore ma impeditivo dell’accoglimento della pretesa della struttura sanitaria accreditata, rappresentato dal superamento del tetto di spesa, dall’altro, ove tale prova sia fornita o – come nel caso di specie – tale circostanza sia pacifica, non è possibile configurare alcun diritto della struttura accreditata ad ottenere il pagamento di prestazioni eseguite oltre tale limite (Cass. 10182/2021).
Ciò in quanto la mancata previsione della remunerazione delle prestazioni c.d. “extra budget” è giustificata dalla necessità di dover comunque rispettare i tetti di spesa ed il vincolo delle risorse pubbliche disponibili – vincolo ineludibile – a meno che la struttura accreditata non fornisca la prova dell’esistenza di risorse disponibili per la remunerazione delle prestazioni eseguite “extra budget” (Cass. 13884/2020).
Fonte: Juranews